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La foresta

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 Se c’è un autore più di chiunque altro, capace di farti correre in libreria per acquistare il suo romanzo, quello è Joe Lansdale. Succede sistematicamente ed è ovviamente successo anche questa volta con La Foresta, uscito meno di un mese fa per la Einaudi e letto poco prima di Natale.

Probabile che Joe non entrerà mai negli annali dei grandi della letteratura americana ma a noi lettori ci interessa molto poco. E il motivo è proprio la semplicità di Lansdale e non parlo di semplicità narrativa bensì della facilità con cui si empatizza con i protagonisti dei suoi romanzi: gli esclusi, i freaks, gli improbabili come Hap & Leonard.

La Foresta è tutto questo e molto di più. Apri il romanzo e già dalla prime pagine ti ritrovi in questo far west di inizio novecento, in un mondo in trasformazione ma ancora funestato dal vaiolo. Un ragazzino roscio insieme al nonno e alla sorella dovranno scappare dal paese dove vivono per raggiungere dei parenti in zone non contagiate. Poche pagine e ci ritroviamo con Jack all’inseguimento della sorella rapita costretto a chiedere aiuto a Eustace, un enorme becchino nero accompagnato da un maiale che si comporta come un fedele pitbull, e a Shorty, un acculturato cacciatore di taglie nano. Alla banda si uniranno un altro paio di dubbiosi protagonisti, tutti all’inseguimento di uno dei più cattivi e infami banditi del Texas.

“Il giorno che nonno venne a prendere me e mia sorella Lula e ci trascinò fino al traghetto, non potevo immaginare che presto mi sarei ritrovato in una situazione peggiore di quella che ci era già toccata in sorte, o che avrei iniziato a frequentare un pistolero nano, il figlio di uno schiavo e un maiale grosso e inferocito, né tanto meno che avrei trovato l’amore e ucciso qualcuno, ma le cose andarono proprio cosí”

Sin dal primo rigo, Joe svela la trama. Non fa sconti e non ha paura. Lo fa perché non ha quasi mai trovato nel thriller puro la sua chiave narrativa, non ne ha bisogno. Chi legge Lansdale rimane intrappolato dal fascino dei personaggi, dal linguaggio sempre ricercato (come insegna il maestro Elmore Leonard), da una ambientazione, stavolta quella western, sempre perfetta, nonostante non si sposti quasi mai dal Texas. E’ il pifferaio magico di storie di frontiera, polverose come i suoi protagonisti, ultimi romantici di un mondo che non c’è più. Sta tutta qui la fortuna di Lansdale, il saperti far innamorare di ciò che scrive, sempre. Perché nonostante La Foresta non sia il suo migliore (ma qual è il suo migliore?) ti fa scorrere ore piacevoli, ti fa divorare le pagine senza fretta ma con la voglia di rimanere dentro la storia, di non sottrarsi mai dalla lettura, come se provocasse dipendenza.

Ed è questa la fortuna e il segreto di Lansdale. Un segreto semplice che lo ha portato ad essere un lettore amatissimo da molti. E bravo è stato Zerocalcare, anch’esso fan di Lansdale doc, nella sua recensione che sottoscrivo in toto.


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